La Cantina sociale di Piverone, oggi Cantina sociale della Serra
È la storia, fra le altre, della Cantina sociale di Piverone, oggi Cantina sociale della Serra, nata per la produzione di vini locali nel 1953 da un centinaio di soci sostenuti dalle politiche di sviluppo volute da Adriano Olivetti e implementate dai Centri comunitari. Intervistare Vittorio Garda — il giovane enologo che oggi si occupa di trasformare con sapienza le migliori uve dei soci in vini di alta qualità — significa per noi riannodare vecchi fili, ereditare in punta di piedi quell’idea di territorio in quanto ecosistema complesso, dove realtà produttive, competenze, vocazioni anche diversissime fra loro possono incontrarsi, conoscersi e collaborare. Abbiamo trovato una persona che trabocca di entusiasmo, abituata a costruire e proiettarsi nel futuro.
Vittorio, vuoi dirci qualcosa del tuo percorso professionale? Come sei arrivato fino a qui?
Ho studiato ad Alba dove ho potuto conoscere moltissimi produttori appassionati, seri e decisamente ambiziosi e capire cos’è veramente un territorio vitivinicolo. Non soltanto un’area geografica dove convivono diversi produttori di vino, bensì un unicum pedo climatico, dalla tradizione vitivinicola che affonda radici profonde nel passato. Ero invidioso.
Ma anche noi, in Canavese, abbiamo radici molto profonde. Piano piano l’ho imparato. Lo si capisce dalla viticoltura, ancora identitaria e dalle forme di allevamento più espanse rispetto agli altri areali viticoli: talvolta prive di tecnologia e costituite ancora da solo legno, sovente su terrazzi in pietra più o meno larghi. Sono segni di una viticoltura legata alla storia, fatta di lavoro manuale e poco meccanizzabile, sicuramente meno razionale rispetto ad altre zone. Antica e necessariamente autentica.
Una storia che si è mantenuta nonostante la forte industrializzazione di questo territorio.
La Cantina sociale della Serra è l’esempio perfetto. Merito di Adriano Olivetti, che nel 1953 finanziò, assieme a 99 viticoltori coraggiosi che impegnarono i loro patrimoni, il progetto e la costruzione di questa Cantina sociale. Una cooperativa illuminata, dalla grande capacità evolutiva che ha saputo gestire, fino a oggi, una realtà produttiva del tutto unica. Barbera, Nebbiolo, Erbaluce oltre che molti altri vitigni minori (Freisa, Croatina, Neretti) sono le uniche materie prime. Sostenere la viticoltura non fu una scelta soltanto economica perché si trattava di salvaguardare il territorio e la sua tradizione.
Venne costruita una cantina ancora oggi avveniristica: basti pensare che ci sono 5 piani di vasche da vinificazione, sovrapposte in maniera tale da garantire il trasferimento dei vini per gravità e mantenere le temperature al loro interno ideali per tutto l’anno senza l’ausilio di frigoriferi o caldaie. Strepitosamente moderno! Immaginatevi all’epoca della costruzione cosa poteva rappresentare.
E la cantina è tuttora riferimento in Canavese, esempio per i giovani studenti di viticoltura ed enologia che accogliamo con grande entusiasmo ogni anno in percorsi formativi per futuri enologi o produttori di vino. Sono orgoglioso di lavorarci dentro! E sono riconoscente alla mia famiglia, alla mia compagna Martina, ad Attilio Balocchi e Gianmarco Viano per avermi aiutato nel tempo.
Quindi possiamo dire che stia nascendo un contesto imprenditoriale vero e proprio?
È proprio così. Partendo dal presupposto che la concorrenza e l’ambizione sono la benzina dello sviluppo di un terroir, noi oggi stimoliamo i canavesani a produrre uva e vino offrendo loro servizi di conto lavoro per i primi anni e consulenze per le prime scelte imprenditoriali. Negli ultimi anni, infatti, sono sbocciate moltissime nuove aziende e dalla grande ambizione.
Magari qualcuno si stupirà nel leggere queste cose. Ma il contesto attuale porta i consumatori dei paesi più importanti (per il commercio e consumo di vino) a deviare i loro focus sempre più spesso verso aree viticole nuove o semplicemente riscoperte. Come il Canavese. E questo, chi ha fatto del vino una passione, un lavoro e una ragione di vita, lo ha capito bene.
Per questi motivi è nata, tra l’altro, l’associazione Giovani Vignaioli Canavesani nel giugno del 2020, che unisce 20 nuove aziende certamente piccole e squattrinate, ma piene di passione soprattutto per la coltivazione della vigna.
Un gruppo sano, con poco tempo per parlare e quindi necessariamente efficiente. Siamo tutti canavesani testa dura: sicuri dei vini che imbottigliamo e assetati di crescere, poco, ma tutti insieme. Portiamo avanti alcune idee che riteniamo fondamentali per lo sviluppo di un territorio.
Cipuoi fare qualche esempio?
Dare voce e spazio ai giovani vitivinicoltori canavesani e riportare la vigna al centro della filiera vitivinicola, spesso annebbiata dagli aspetti puramente enologici.
Costruire una filiera più rispettosa dell’ambiente seguendo un percorso che porti più aziende possibile a diventare biologiche. Vogliamo unire in un unico bagaglio tutte le nostre esperienze collaborando con tutte le aziende del territorio e con i vari consorzi puntando al futuro delle nostre denominazioni.
Vogliamo promuovere il Canavese come luogo del buon vivere, fatto di specialità enogastronomiche e paesaggi mozzafiato. Vogliamo organizzare eventi per darci visibilità. E ovviamente far diventare le nostre aziende economicamente solide.
Infine, uno sguardo al futuro: cosa vedi?
Il cocktail è pronto. Professionalità, un po’ di pazzia, fame e certezza del risultato. Il Canavese diventerà terra di grandi vini, di turismo di qualità e dalla forte consapevolezza del tesoro su cui siamo seduti. I giovani saranno determinanti in tutto questo perché il futuro è loro. Vedrete che cosa saremo capaci di fare, tutti insieme! Ci sarà da divertirsi!
Il vitigno per me è soprattutto un mezzo per trasmettere ciò che c’è nel suolo e nell’atmosfera all’interno del bicchiere. Il nostro è un territorio capace di plasmare vini diversi, inconfrontabili col resto del mondo e per questo fantastici. Il Canavese sarà capace di attrarre turismo alimentando una nuova economia. I nuovi produttori questo lo sanno, basta ascoltarli parlare. Ne sono talmente convinto che ci ho scommesso la mia vita. Si, nonostante tutto credo che questo sia per noi un momento grandioso.